Nuove riflessioni su materia aggiunta e interpretazione di caratteristiche funzionali da parte della Corte d’Appello UPC.
Un recente ordine della Corte d’Appello UPC fornisce una visione aggiornata sull’approccio che l’UPC potrebbe tenere su temi fondamentali come l’aggiunta di materia rispetto alla domanda originaria e l’interpretazione delle caratteristiche funzionali.
L’ordine in questione si riferisce ad un’azione cautelare della società Abbott contro Sibio Technology sulla base del brevetto Europeo EP3831283, il cui esito in primo grado ha visto la mancata concessione di un’inibitoria preliminare alla luce di una probabile invalidità del brevetto per aggiunta di materia rispetto al contenuto della domanda originaria. La Corte di Appello ha ribaltato il giudizio della Corte di primo grado, sostenendo come il bilancio di probabilità fosse piuttosto a favore di una non presenza di materia aggiunta.
Nel modo di ragionare della Corte, sono stati essenzialmente seguiti i principi sostanziali fondamentali che si ritrovano nella giurisprudenza dell’EPO e le linee guida per l’esame delle domande di brevetto. In particolare, pur non menzionando esplicitamente l’EPO e la sua giurisprudenza, la Corte ha fatto riferimento al ben noto concetto del cosiddetto “disclosure test” (secondo cui, la base degli emendamenti è quanto la persona esperta deriva direttamente e senza ambiguità dall’intera domanda come depositata usando le conoscenze comuni generali e vista oggettivamente e relativamente alla data di deposito) per la determinazione della base delle caratteristiche, eventualmente anche delle caratteristiche implicite. Inoltre, la Corte ha sostanzialmente ripreso per intero il test offerto dalle linee guida EPO H-V, 3.2.1. per la valutazione delle cosiddette “generalizzazioni intermedie”, secondo cui una caratteristica è liberamente estrapolabile dalla descrizione di una forma di attuazione se non è presente un legame inestricabile con le altre caratteristiche della forma di attuazione e se la descrizione complessiva giustifica l’isolamento generalizzante della caratteristica e la sua introduzione in una rivendicazione.
Nel giungere alle sue conclusioni, è interessante notare come la Corte di Appello abbia vagliato profondamente l’intera descrizione, valutando con attento senso tecnico, più che formalistico, le varie forme di attuazione descritte nella domanda originaria, gli effetti tecnici delle singole caratteristiche di ciascuna forma di attuazione, nonché l’eventuale presenza di insegnamenti generalizzanti (ad esempio, presentazioni di alternative) in porzioni del testo diverse da quelle identificate dal proprietario come base degli emendamenti.
Perciò, si nota come l’UPC tenda a seguire i principi fondamentali EPO, sebbene con un certo grado di personalizzazione e con un orientamento più prevalentemente basato su considerazioni tecniche e di “buon senso” che non su considerazioni più propriamente linguistiche, come non di rado accade in alcuni procedimenti di fronte all’EPO.
Un altro elemento interessante dell’ordine è legato all’interpretazione delle caratteristiche funzionale (caratteristiche “means+function”). Anche qui, la Corte di Appello segue le linee guida dell’EPO, secondo cui l’espressione “configurato per” è da intendersi in modo del tutto analogo al concetto di “idoneo per” realizzare la funzione rivendicata, pur ammettendo l’esistenza di eccezioni, come nel campo delle invenzioni implementate su calcolatore, dove l’espressione può essere intesa in senso più ristretto come “adattato a”, nel senso di specificatamente programmato per realizzare la funzione rivendicata.
In conclusione, l’approccio mantenuto dall’UPC sui temi della materia aggiunta e dell’interpretazione delle caratteristiche funzionali appare conforme con la giurisprudenza dell’EPO, sebbene sia ancora presto per stabilire se vi saranno in futuro significativi scostamenti dalla prassi EPO consolidata.
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