“Occhi spaccanti” come marchio? L’analisi sulla tutela della PI nel caso Raoul Bova
Raoul Bova, noto attore recentemente al centro di notizie di gossip estivo, ha deciso di ricorrere ai diritti di proprietà intellettuale per cercare nuovi strumenti di tutela. Il 5 agosto ha depositato in Italia due domande di registrazione per:
- “buongiorno essere speciale dal sorriso meraviglioso e dagli occhi spaccanti”, marchio denominativo che in soli tre giorni ha superato l’esame dell’UIBM ed è già stato pubblicato per consentire eventuali opposizioni da parte di terzi;
- “occhi spaccanti”, altro marchio denominativo attualmente ancora in fase di esame preliminare da parte dell’UIBM.
L’avvocato che lo rappresenta ha dichiarato che, una volta concessa, la registrazione servirà a impedire l’uso non autorizzato di tali espressioni da parte di terzi.
Infatti, una volta ottenuta la registrazione, Bova potrà impedire l’uso di marchi confondibili su prodotti identici o affini a quelli elencati nella domanda, che include ben 12 classi merceologiche. I prodotti designati spaziano da cosmetici, cartoleria, libri, pubblicazioni a borse, abbigliamento, cappelli, bevande e prodotti alimentari vari, oltre a una vasta gamma di servizi nei settori della comunicazione e dell’intrattenimento.
Sicuramente una strategia brillante per prevenire l’uso da parte di terzi su gadget o per iniziative e attività commerciali. Tuttavia, rimangono alcune criticità: alcuni ambiti merceologici sono rimasti scoperti e, soprattutto, dopo cinque anni, se i marchi non verranno utilizzati in modo effettivo, potrebbero decadere per non uso e in quel caso chiunque potrebbe appropriarsene.
Un altro punto da considerare riguarda l’uso descrittivo delle espressioni da parte di terzi, ad esempio in contesti giornalistici e comunicativi con finalità descrittiva: in questi casi, si potrebbe configurare un “uso lecito del marchio altrui”, che non potrà essere impedito neppure con la registrazione.
È comunque molto interessante che la proprietà intellettuale venga utilizzata per tutelare espressioni personali, nate e utilizzate in ambito privato, per impedirne speculazioni commerciali, soprattutto quando diventano oggetto di gossip esteso.
Un emblematico precedente è quello dell’espressione “bunga bunga”: anche questa nata e utilizzata in ambito privato da un certo entourage di persone, divenuta poi oggetto di gossip, e registrata come marchio da numerosi soggetti in tutta l’Unione Europea per i più svariati prodotti e attività commerciali. Oggi il termine “bunga bunga” è presente persino nell’enciclopedia Treccani e potrebbe essere considerata un’espressione generica. I marchi registrati da terzi contenenti tale espressione potrebbero quindi essere considerati oggi volgarizzati? Se l’ideatore dell’espressione “bunga bunga” l’avesse registrata e, soprattutto, l’avesse difesa, avrebbe potuto evitare tali derive?
Per evitare lo stesso rischio, Raoul Bova dovrà non solo utilizzare il marchio “occhi spaccanti” sui prodotti e servizi designati magari concedendolo in licenza, ma anche difenderne la capacità distintiva, per evitare che si trasformi in una denominazione generica e venga volgarizzato.