Un’importante decisione di prima istanza della Divisione Centrale di Parigi conferma l’uso delle linee guida stabilite dalla Corte d’Appello UPC sull’interpretazione delle rivendicazioni
A seguito dell’ordinanza UPC_CoA_335/2023 (si veda il nostro precedente articolo [link]), la Divisione Centrale di Parigi si è pronunciata su una domanda riconvenzionale di nullità contro il brevetto europeo EP 3666797 B1 facendo un chiaro ed esplicito riferimento alla linea di ragionamento definita dalla suddetta ordinanza in merito all’interpretazione delle rivendicazioni. L’azione in questione, che coinvolge le società farmaceutiche Amgen Inc. in qualità di titolare del brevetto e Regeneron Pharmaceutical Inc. in qualità di presunto contraffattore, è nata da una biforcazione concordata dalle parti di una prima azione di contraffazione davanti alla Divisione locale di Monaco e della relativa domanda riconvenzionale di nullità davanti alla Divisione centrale di Parigi.
Una parte importante e fondamentale della decisione si basa sull’interpretazione dell’oggetto rivendicato, che è stato definito prestando grande attenzione alla descrizione. Infatti, secondo la linea dettata dall’Ordine UPC_CoA_335/2023, a cui la decisione fa riferimento, la descrizione deve assolutamente essere presa in considerazione per determinare se un termine o una caratteristica rivendicata possa avere il suo significato tecnico comune o se, al contrario, debba essere interpretata con un significato peculiare del lessico utilizzato nella descrizione del brevetto, anche in considerazione della funzione che la caratteristica ha in sé e nel contenuto complessivo rivendicato.
Molte parti della decisione sono dedicate al confronto tra le espressioni rivendicate e i paragrafi della descrizione che si riferiscono a tali espressioni, con conclusioni che a volte confermano l’ampiezza di significato dei termini rivendicati e altre volte invece restringono il campo a un’interpretazione più aderente al contenuto descritto, sempre seguendo il filo logico del buon senso tecnico che non lascia spazio a interpretazioni speculative o filologiche legate alla letteralità delle espressioni rivendicate. Altri punti significativi della decisione riguardano il concetto di “stessa invenzione” per la validità della rivendicazione di priorità e la valutazione dell’attività inventiva.
In entrambi i casi, la decisione ricalca alcuni principi delle Linee Guida dell’EPO, imponendo il cosiddetto “disclosure test” per la verifica della priorità (l’invenzione gode di priorità se può essere derivata direttamente e senza ambiguità dal contenuto del primo deposito) e confermando in parte l’applicazione dell’approccio problema-soluzione, senza tuttavia farne esplicito riferimento, intraprendendo così una linea di ragionamento indipendente dai principi classici dell’EPO.
Nell’analisi dell’attività inventiva, la Divisione pone l’accento sulla definizione di “persona esperta” e sulla determinazione della “closest prior art”.
Per quanto riguarda quest’ultima, la Divisione afferma che non deve necessariamente trattarsi del punto di partenza più promettente, ma semplicemente di un punto di partenza realistico. Il termine realistico sembra essere una novità rispetto alle Linee Guida dell’EPO e sembrerebbe a prima vista sminuire l’importanza della scelta dell’arte anteriore più vicina. Per quanto riguarda l’ultima fase dell’approccio problema-soluzione, ossia la valutazione finale dell’ovvietà, la Divisione sembra privilegiare ancora una volta una visione più orientata alla tecnica che alla forma, affermando che l’ovvietà si riscontra già quando una persona esperta arriverebbe a un risultato coperto dalle rivendicazioni senza un input intuitivo e non solo quando la persona esperta arriva alla soluzione rivendicata in modo inevitabile seguendo documenti precedenti.
Il risultato finale è stato che tutte le rivendicazioni del brevetto e le richieste ausiliarie sono state ritenute prive di attività inventiva, per cui il brevetto è stato revocato nella sua interezza. La Divisione ha condannato la parte soccombente a pagare le spese legali per circa 1 milione di euro a fronte di un valore della causa concordato dalle parti di 100 milioni di euro (circa un centesimo del valore della causa). In questo caso, quindi, il titolare del brevetto esce dalla causa con una prima sentenza negativa e con perdite significative, anche se commisurate alla notevole posta in gioco. Un altro aspetto interessante che emerge da questa causa riguarda il coinvolgimento di rappresentanti di più nazioni europee, che anche in questo caso, tuttavia, è in accordo con il grande valore del caso in questione.
Vedremo se questa decisione avrà un ulteriore seguito o se costituirà un caso isolato.
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